Roberto De Luca, artista raffinato
- Written by Eugen Galasso
- Published in Arte e mostre
Roberto De Luca dobbiamo considerarlo un artista raffinato, ma in alcun modo lezioso, nel quale la conoscenza strutturale e l'esperienza semantica dell'arte non vanno in alcun modo verso un'arte freddamente accademica o tecnicistica. Lo dimostrano le sue opere, intelligentemente polisemiche, dove un paesaggio, palesemente ispirato a re^veries ma anche a modelli orientali (giapponesi più che cinesi, direi-vedasi l'opera intitolata "hokusai", in cui il modello appunto giapponese viene però riletto-ricollocato in una dimensione decisamente più personale rispetto alle creazioni dell'artista) rimanda però a referenti simbolici importanti quanto da esplorare continuamente (la polisemia, del resto, è =creatio perennis).
Altrove, la sintesi-incrocio tra curvi-e rettilinearità ci ricorda, palesemente, ciò che lo storico del pensiero Arthur Lovejoy chiama "The great chain of the being" (la grande catena dell'essere), ma anche, si pensi o meno al Genesi, a quello che, praticamente in ogni tradizione culturale, chiamiamo "l'albero della vita" (the life's tree/l'arbre de la vie). Le ardite policromie di altre opere sembrano rappresentare seni femminili, ma ipercromatizzati, dunque in una dimensione di alterità, con un "gioco" (più che altro come"play") ancora una volta palesemente "dialettico" tra concavità e convessità, dove tornano altri due "elementali", ove si intenda il lemma in senso ampio, come dialettica pieno-vuoto, due elementi costitutivi, appunto, dell'Essere. Ancora, figure fantasmatiche, eteree, con fortissime valenze archetipiche.
Quanto ai nudi, femminili ma anche maschili, possiamo certamente parlare di loro "rilettura astratta", ossia di elementi geometrici (ancora una volta la dialettica rettilineità-curvilineità) che però danno ancora una volta verso l'"autre", una dimensione altra da quella empiricamente conoscibile e non attingibile con le scienze, newtonianamente intese, piuttosto viranti verso lo spazio-tempo post-einsteiniano e verso la "quantistica", comunque verso quel "nuovo paradigma", che troviamo in Thom, in Prigogine, nella Stengers ma non solo).
Un'arte, quella di De Luca, nella quale l'ambiente naturale, anzi meglio tout court la Natura, non solo come "contesto" e la figura umana non si elidono-escludono mai reciprocamente ma dove un'opera non pone mai accanto Essere Umano (prevalentemente di genere femminile) e Natura, quasi a ribadire la reciproca autonomia (pur nell'ovvia inter-azione) delle due entità. Uno Hellzapoppin, l'arte di De Luca? Forse, ma a patto che lo si intenda come molto ben regolato, ossia l'Ordine nel Caos, se così vogliamo-magari provvisoriamente-esprimerci, ben più che (formula ormai abusata ma anche insidiosamente contraddittoria) come "Caos nell'Ordine"; nell'antico Mito (non tanto nelle singole mitologie) antiche e soprattutto greche tutto nasce dal Caos ma diventa poi Kosmos, ossia Ordine ben regolato o meglio, con lemma più onnicomprensivo, Armonia, dove questa, organicamente, è capace di sussumere in sé anche l'"aorgico"; un rimando continuo (e volendo, "dialettico") tra Armonia e Caos, dove però è il primo termine a prevalere, inglobando, sussumendo in sé il secondo.
Mi sembrerebbe decisamente riduttivo voler ascrivere l'artista a un ambito artistico (leggi:"corrente") preciso, in quanto egli si muove, con notevolissima originalità, certo a partire da alcuni riferimenti artistici e lato sensu culturali, peraltro qui brevemente accennati, ma muovendosi decisamente oltre. La conoscenza della prospettiva, per es., ben radicata nell'artista, guarda però "al di là", nella consapevolezza del fatto che esistono "le prospettive", non semplicemente la prospettiva "singolarizzata".
Eugen Galasso