Ma in fondo vorremmo davvero che Barbie Land fosse reale?

Personalmente non ricordo esattamente quando e chi mi regalò la mia prima Barbie. Ricordo che quando smisi di giocarci stavo per andare alle medie, ne avevo negli anni ricevute e comprate diverse e avevo una grande (o almeno ai miei occhi da bambina sembrava così) pentagonale scatola verde chiaro decorata con dei fiorellini piena di vestiti e scarpe, sicuramente organizzata da mia madre affinché fosse tutto in ordine e nulla andasse perso.

Non c’è mai stato l’effetto “transfer” tra me e Barbie: il sogno di essere un giorno come lei, perfetta, in forma, ben vestita, di successo e ben voluta da tutti; però amavo giocarci e sì anche io avevo Barbie Stramba tra le mie tante Barbie, diventata così dopo averle tagliato i capelli molto corti…chissà poi perché e quando lo avrò fatto…

Anche io come molte della mia generazione (ma non solo!) la scorsa settimana sono andata al cinema curiosa di vedere il tanto discusso film di Barbie. Ho trovato le scene iniziali, narrate da una voce fuori campo, geniali, capaci di riportare subito ogni spettatrice femminile in quel mondo rosa ideale se ripenso a come io e le mie amichette di allora giocavamo con Barbie nelle nostre camerette o in terrazzo nei pomeriggi estivi: Barbie che si muove volando da casa all’auto, il cambio d’abito, la tanto voluta e mai ricevuta CASA di BARBIE, gli accessori casalinghi e beauty di uso quotidiano, i piedi sempre sulle punte…

A me il film di Barbie è piaciuto e se mia figlia fosse stata più grande l’avrei portata con me, perché una società alla pari, di uomini e donne che si realizzano e sognano di realizzare i loro desideri e di essere ciò che vorrebbero senza oscurare l’altro è in fondo ciò che vorrei per lei e la sua generazione. Certo, il mondo reale e Barbie Land sembrano essere due realtà rovesciate: in Barbie Land “quello che gli uomini fanno nel mondo reale, sono le donne a farlo”: rivestono ruoli di potere e comando, mentre Ken come si afferma nel film “non desta preoccupazioni ed esiste solo se Barbie lo guarda”. Le Barbie, infatti, hanno costruito un perfetto matriarcato (senza matrimonio e figli) fatto di feste, appuntamenti sulla spiaggia, divertimenti, sorellanza in cui le donne detengono l’intero potere.

Invece, quando Barbie arriva nel mondo reale resta scioccata da una realtà che per noi in carne e ossa è fin troppo vera: naturalmente bellissima Barbie diventa subito oggetto di commenti sessisti da parte degli uomini, anche poliziotti, tanto da dire a Ken “sono imbarazzata da me stessa (…) gli uomini mi guardano come fossi un oggetto”. Nel frattempo, Ken scopre gli effetti del patriarcato, dove gli uomini comandano, decidono, gestiscono, vincono, dove fanno credere di tenere e battersi per la presenza delle donne, ma solo per “nascondere bene il patriarcato” e non essere accusati di non essere attenti al gender balance; e così Ken porta il patriarcato a Barbie Land pensando di cambiare per sempre il ruolo dei Ken.

La scena che forse ho preferito di più dell’intero film è stato il monologo di America Ferrera, che risuona come le parole di una amica che ti strattonano e sono pronte e svegliarti dalla tua autocommiserazione – infatti in quel momento pure Barbie è in preda all’ansia (!) e con crisi di autostima – e che ho trovato così semplice e vero che non mi stupisco che sul web siano diventato virale.

La morale per me, e qui l’insegnamento che vorrei ne traessero i più giovani, soprattutto maschietti, è che come sempre non c’è un migliore e un peggiore, che non ci sono questioni o ruoli da uomini e questioni e ruoli da donne, “che il tutto non esiste per elevare la presenza degli uomini”; perché in fondo è solo questione di impegno, di crederci e di rispetto dell’altro/a.

E voi siete stati a vedere Barbie al cinema?!

L'orchestra dei giovani europei EUYO a Bolzano. Che bel concerto!

Che bel concerto il 6 agosto al Teatro Comunale di Bolzano! Si sono esibiti i giovani musicisti dell'orchestra europea EUYO diretti dal Maestro Sir Antonio Pappano e con la bravissima violinista Julia Fischer. Il concerto è stato preceduto da una bella presentazione del direttore del Conservatorio Giacomo Fornari.

Una serata da ricordare, con le musiche di Beethoven e di Strauss, con un bis finale di Verdi e l'allegria del saluto festoso in musica dei ragazzi sul palco. 

Grazie!

 

 

ciao Jane Birkin

Scompare con Jane Birkin un mito della swinging London, acclamata già in "Blow Up" di Michelangelo Antonioni, e della sensualità parigina ma, direi, soprattutto legata nel ricordo di tutti noi alla canzone "Je t'aime, moi non plus" di e con Serge Gainsbourg, suo compagno di vita.

Una canzone, che anni dopo divenne anche film, in cui i due partner non avevano alcuna difficoltà ad esibirsi nudi nel video della canzone (ovviamente proibita, all'epoca, 1968, in Italia), dove al coito mimato si accompagnavano nel brano musicale i suoni di gemiti inequivocabili...

Jane, vera icona della liberazione sessuale.

Eugen Galasso

Marco Bernardi: sta lasciando il suo segno su Bolzano (e non solo!)

Oggi al Trevi di Bolzano è stato presentato il libro "Marco Bernardi, cinquant'anni di teatro" di Alessandra Limetti. Tanta gente in sala a seguire gli spunti e le annotazioni di Marco Bernadi e degli altri intervenuti al microfono. Il saluto iniziale l'ha portato il dirigente provinciale della Cultura italiana, Antonio Lampis, ed un messaggio di saluto è arrivato dall'assessore alla Cultura italiana, Giuliano Vettorato.

Marco Bernardi è stato per 35 anni il Direttore del Teatro Stabile di Bolzano, ha diretto la messa in scena di 36 spettacoli, ha portato i suoi lavori teatrali in tutt'Italia, alla Biennale di Venezia, ma anche in Germania, in Austria, in SudAmerica, a Seoul ed a Los Angeles. Tutti posti dove ha portato unito al suo anche il nome di Bolzano. E nella nostra città ha seminato momenti di riflessione su situazioni e persone attraverso i suoi spettacoli, ha raccontato anche le vicende umane e storiche dei bolzanini, parlando del Lager di Bolzano e dei rapporti tra i gruppi linguistici, di Piazza della Vittoria e della "meranese" Sissi.

Per spiegare cosa sono stati i "50 anni di teatro" di Marco Bernardi la cosa più giusta è riportare quanto dice lui stesso sul retro di copertina del libro: "Il teatro che mi appassiona è il teatro di parola, dove autore e testo giocano un ruolo primario in quanto portatori di contenuti, della storia, ma anche della forma e della struttura drammatica. Credo in un teatro degli scrittori, classici e contemporanei, in un'idea "alta" di letteratura teatrale che elabori testi specifici per i linguaggi del palcoscenico e proponga temi significativi per il dibattito delle idee, in una sorta di laboratorio pubblico di sperimentazione delle emozioni, delle opinioni, della ricerca del senso della vita."

 

Paolo Bonaldi, artista poliedrico e collaboratore dello Stabile bolzanino, ci ha lasciato

Scompare in marzo (ma apprendo la notizia solo ora date le mie sporadiche presenze a Bolzano) con Paolo Bonaldi, classe 1948, veneziano, laureato in filosofia con una tesi su Louis Althusser, pensatore marxista ora non più frequentato ma "inevitabile" negli anni 1970, un regista, autore e attore teatrale, attivo a lungo anche a Bolzano, dove ha curato a lungo anche il "Teatro nella Scuola".

Una visita al museo di Firenze dedicato al giocattolo ed a Pinocchio

Per chi, tra Natale e Capodanno, abbia l'opportunità di visitare Firenze, consiglierei certamente di recarsi al "Museo del Giocattolo e di Pinocchio" che raccoglie giocattoli dell'Ottocento, del Novecento e degli ultimi decenni relativi a quella figura intrigante e "perturbante", ma anche gioiosa e giocosa, che è Pinocchio, il burattino che diventa ragazzino nella fantasia letteraria di Carlo Lorenzini, detto Collodi. Pinocchio, non a caso, è noto in tutto il mondo, come documentano anche i vari libri pubblicati in ogni lingua, visibili nel citato Museo, veramente bello per grandi e per bambini. Il Museo si trova in centro città, vicino al Duomo, in via dell'Oriuolo 47, ed è aperto sempre, dalle 10 alle 18.

Eugen Galasso

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