conferenze
Eugen Galasso

Eugen Galasso

Pare improprio il lavoro della Chiesa locale per scegliere il futuro Sindaco di Bolzano

 Leggo in un numero vecchio dell'"Alto Adige" un lungo articolo di Paolo Campostrini sulle iniziative del GEIS (Gruppo ecclesiale di impegno sociopolitico) notoriamente guidato dal prof. Don Paolo Renner.  

 

Da un lato, complimenti perché almeno tutto viene dichiarato, dato ad extra, né Renner si nasconde, anzi, quindi "i giochi sono fatti".

 

Dall'altro, però, tante riserve: perché voler a tutti i costi dare alla città un sindaco "cattolico", magari un "cattolicone" come lo era Gigi Spagnolli?

 

Perché mai un sindaco laico, in questa città (parlo della Bolzano moderna, post-seconda guerra mondiale)? Da Ziller in poi, solo cattolici. Eppure, a Dio piacendo (lo sottolineo) dei non-cattolici hanno guidato il paese, da Spadolini a Craxi al presidente della Repubblica più amato dagli italiani, Pertini. Né, ci sembra, sono stati i peggiori, anzi...

 

A livello locale anche, in tutta Italia, a Bolzano mai. Sarà per questioni etniche, id est di rapporti con la SVP, partito (almeno ufficialmente) iper-cattolico, per non dire anche clericale? Può essere, ma non sappiamo se sia effettivamente così.  

 

Certo dispiace che una persona capace (e "laica", a suo modo ) colta non solo a livello teologico come don Renner abbia "tirato, per ben due volte (forse tre, ma la terza volta non ha funzionato) la volata a un personaggio come Spagnolli, ma più in generale che la longa manus di sua maestà la Chiesa cattolica (le altre qui sono minoritarie, anzi sono sostanzialmente delegittimate dalla vox populi e da quella dei poteri dominanti), anche se rappresentata da un"illuminato" come il prof: Renner, si estenda così tanto da proporre propri candidati: in altri paesi, compresa la vicina Austria, ciò è difficilmente concepibile.

 

Il dott.Rebecchi, "cavallo su cui punta" il citato GEIS sarà un'ottima persona, personalmente non la voterei per il "marchio" che porta.  

 

Sarò eccessivo, sarò "fanatico", ma credo che, specialmente in una realtà come quella made in South-Tyrol le candidature debbano venire dal basso, dal partiti e movimenti culturali, non da quelli ecclesiali, che dovrebbero piuttosto indicare linee generali, non nomi di candidati.    

 

Eugen Galasso

Napolitano: un Presidente emerito santificato del tutto fuori luogo

L'intervento del "Presidente della Repubblica emerito" (per chi scrive solo "ex-presidente") Giorgio Napolitano in Senato ieri (con tutta la sua tipica prosopopea) è incredibile: una sensata protesta contro interventi gravissimi-per chi scrive para-golpisti- di Napolitano ha scatenato una marea di bordate polemiche contro "i reprobi": "chi tocca Napolitano muore", potremmo riassumere così questa situazione.

 

Il presidente che nel 2011 ha nominato autoritativamente e in modo extra-parlamentare e "personalistico" (avevo sentito circolare il nome più di due mesi prima della nomina, a Torino in ambienti FIAT) Mario Monti Presidente del Consiglio senza indire nuove elezioni, viene assurto tout court a "pater patriae", a salvatore della Costituzione, senza in alcun modo indagarne responsabilità e colpe - a suo tempo, invece, Francesco Cossiga era stato demonizzato come golpista.

 

"Perché?" si chiederà qualcuno; evidentemente perché Napolitano è funzionale a certe parti politiche, non ad altre, a loro volta demonizzate.

 

Poco da dire sulla riforma del Senato (che non è vera abolizione, ma un compromesso tipicamente "à l'italienne" per salvare capra e cavoli), di cui  si dovrebbe discutere a parte, ma la santificazione di Napolitano appare fuori luogo e forzatamente imposta da politici e mass-media al "Popolo bue" (e in parte lo lo è veramente, se beve tutto quanto viene propinato...).

 

Un tema su cui riflettere, a parte la singola persona Napolitano...   Vediamo se in seguito si agirà ancora così o si potrà ragionare (ne dubito, ma...) in modo più "laico"...      

 

Eugen Galasso

Quarant'anni dopo il '68

Quarant'anni dopo il '68

 

Quarant'anni dopo il 1968: celebrazioni, apologie, ma anche anatemi, "ricordando con rabbia". Forse, al di là di ogni retorica, positiva e/o negativa, rimane da dire che molti leaders sessantottini sono diventati "altro": ... ... Daniel Cohn-Bendit, leader del Mai 68 a Parigi, ma di origini tedesche ed ebraiche (cosa che a suo tempo gli venne rimproverata aspramente), in Germania divenne un affermato politologo, commentatore TV (TV svizzera, per anni, rubrica libraria anche discreta), leader verde ultra-moderato e molto scettico sugli immigrati (cfr. il libro "Heimat Baylon", 1992), Joschka Fischer, che nel 1968 tirava molotov, è diventato ministro più volte, Mario Capanna, dopo una gimkana che gli ha fatto cambiare almeno tre partiti, sembra "attardato" tra scrittura e difesa del consumatore, sempre da protagonista; molto peggio era andata a Rudi Dutschke, leader studentesco in Germania federale, ferito a morte da un avversario politico (un nazista, per dirla tutta), morto circa dieci anni dopo.(read more_clicca sul titolo)

Riflessioni dopo un saggio di Vincenzo Calì su Cesare Battisti e la Grande Guerra

Riflessioni dopo un saggio di Vincenzo Calì su Cesare Battisti e la Grande Guerra

 Un saggio dello storico Vincenzo Calì, a lungo direttore del Museo del Risorgimento e della lottà per la libertà (oggi Museo Storico) di Trento, su "Cesare Battisti: la tragedia, la memoria, l'eredità. Cent'anni dopo il 24 maggio 1915", che è il numero monografico de "Il Margine", anno 35 (20159, n.5), ripropone i dilemmi dei socialisti, non solo di Battisti, di fronte alla questione nazionale, ma anche alla guerra:

A) Battisti, come tutti o quasi i socialisti del suo tempo (francesi, italiani, germanici, austriaci e di altre nazionalità) e forse di sempre, tendeva a un superamento della/e nazionalità ("L'operaio non ha patria", Karl Marx dixit e Marx per i socialisti del tempo era ancora determinante, pur se con varie "revisioni"), ma al tempo stesso era giustamente convinto dell'italianità del Trentino (non del Suedtirol/Alto Adige, su cui non si esprime se non raramente).

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