Dalla lavagna all’algoritmo: l’UNESCO dedica la Giornata Internazionale dell’Educazione all’Intelligenza Artificiale

Ogni anno l'UNESCO celebra il 24 gennaio la Giornata Internazionale dell'Educazione, un evento che invita a riflettere sull'importanza dell'apprendimento come pilastro fondamentale per il progresso sociale, economico e culturale. Il tema selezionato per quest'anno ha posto l'attenzione su una delle trasformazioni più significative del nostro tempo: l'Intelligenza Artificiale (IA).

L'organizzazione delle Nazioni Unite ha pertanto deciso di focalizzare l'attenzione sull'integrazione dell'IA nei sistemi educativi globali, al fine di garantire una migliore comprensione e sfruttamento di tale tecnologia per il miglioramento delle opportunità di apprendimento su scala internazionale. 

L'Intelligenza Artificiale (IA) ha il potenziale di rivoluzionare il campo dell'educazione, riducendo il divario educativo tra Nord e Sud del mondo. La personalizzazione dei percorsi di apprendimento e la possibilità di raggiungere aree remote con strumenti digitali avanzati sono solo due dei modi in cui l'IA può contribuire a questo cambiamento. Si prospetta, pertanto, la possibilità di disporre di una classe virtuale nella quale ogni discente possa seguire un piano personalizzato in base ai propri bisogni, supportato da tutor virtuali in grado di rispondere a domande in tempo reale. 

Tuttavia, l'implementazione di tali tecnologie solleva interrogativi significativi, tra cui la questione fondamentale: come garantire un accesso equo a queste risorse? Inoltre, come formare gli insegnanti e i formatori per un utilizzo etico ed efficace dell'IA? La sfida principale non è solo tecnologica, ma anche sociale: è necessario colmare il divario digitale e garantire che l'IA sia utilizzata per promuovere inclusione e uguaglianza, piuttosto che amplificare disuguaglianze preesistenti. 

Il ruolo dell'UNESCO: un approccio etico. 

L'Organizzazione ha costantemente riconosciuto l'importanza di un approccio etico e inclusivo allo sviluppo tecnologico. In occasione della Giornata Internazionale dell'Educazione 2025, l'organizzazione ha esteso un invito a governi, aziende tecnologiche e istituzioni educative, al fine di collaborare alla creazione di politiche che regolino l'impiego dell'IA nel settore dell'istruzione. La Convenzione sull'Etica dell'Intelligenza Artificiale, adottata nel 2021, rappresenta un primo passo in questa direzione, con l'obiettivo di assicurare che i sistemi di IA rispettino i diritti umani e promuovano il bene comune. Tra le iniziative proposte dall'UNESCO si annoverano programmi di formazione per insegnanti, strumenti per valutare l'impatto dell'IA sull'educazione e piattaforme di scambio di buone pratiche tra i Paesi membri. 

Educazione nell'era dell'Intelligenza Artificiale: verso un apprendimento universale. 

In tale nuovo scenario educativo, l'Intelligenza Artificiale non è meramente uno strumento, bensì un catalizzatore per una trasformazione più estesa. Per una significativa porzione di studenti residenti in aree rurali o in situazioni di emergenza, l'IA potrebbe costituire l'unica modalità per accedere all'istruzione.

I corsi online aperti e massivi (MOOC) basati sull'IA, ad esempio, hanno il potenziale di fornire materiali didattici di alta qualità a milioni di utenti, superando le barriere geografiche e linguistiche. Tuttavia, è essenziale sottolineare che l'istruzione non può essere interamente delegata alle macchine. L'elemento umano, inteso come il ruolo degli insegnanti, l'interazione tra pari e il contesto culturale, rimane insostituibile.

La sfida futura consisterà pertanto nel trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica e valori educativi tradizionali. L'UNESCO, nel corso della celebrazione della Giornata Internazionale dell'Educazione all'Intelligenza Artificiale, non si è limitata a commemorare una tecnologia, ma ha piuttosto promosso una riflessione più estesa: come possiamo utilizzare le potenzialità dell'IA per costruire un futuro educativo più equo, inclusivo e sostenibile? La risposta a tale interrogativo non può essere univoca e richiede la collaborazione di tutti gli attori sociali: governi, aziende, educatori e società civile. 

In un contesto di rapida evoluzione, l'educazione deve sapersi adattare, pur mantenendo il suo obiettivo fondamentale: formare cittadini consapevoli, capaci di affrontare le sfide future con spirito critico e senso di responsabilità. 

Franco Boscolo

Marta Mani, "Storia della pedagogia clinica"

Un importante volume di Marta Mani, "Storia della pedagogia clinica" (Roma, Armando, 2024), oltre ad evidenziare le caratteristiche di questa scienza, che ormai ha ampiamente compiuto il mezzo secolo di vita, raccoglie gl interventi congressuali, di conferenze e di lavori svolti, anche in Su"dtitol/Alto Adige, a Merano, Bolzano, Bressanone, da parte di chi scrive questa nota, pedagogista clinico e da altre persone, quale professione d'aiuto e apporto culturale, dove i due ambiti non sono mai separati, ma anzi sempre strettamente uniti e implicantisi reciprocamente.

Eugen Galasso

Scuola elementare tedesca Goethe di Bolzano: la scelta di ghettizzare i bambini non di madrelingua tedesca ha aperto una polemica.

La decisione, per ora non ufficializzata, della scuola elementare di lingua tedesca "Goethe" di Bolzano di istituire una classe di soli bambini(e) di lingua italiana e bambini(e) extracomunitari a causa della loro insufficiente conoscenza della lingua tedesca, pur se motivata a livello didattico (è ovvio il riflesso negativo per l'apprendimento scolastico sui bambini di madrelingua tedesca presenti in classe (ndd)), può certamente apparire come una forma di ghettizzazione, visto il contesto e il momento in cui si colloca. (La soluzione non può essere l'esclusione da una classe dei "non madrelingua", ma la scuola deve individuare adeguate misure per integrare (ndd)).

Le motivazioni didattiche hanno certamente un peso e un rilievo, ma che la decisione sia stata presa in un momento particolare (pre-inizio dell'anno scolastico, ma anche ripresa dell'attività politica dopo la paura estiva) non può non significare nulla, visto anche l'interesse dei media nazionali.

Eugen Galasso

La tesi di Sgarbi su arte e artisti "fascisti" non è confermata dalle realtà, come si vede anche a Bolzano

Passato per molte peregrinazioni politiche (percorrendo quasi tutto l'arco costituzionale, in realtà), Vittorio Sgarbi, nuovamente sottosegretario alla Cultura dal 2022, nel saggio-pamphlet "Arte fascismo", Milano, La nave di Teseo, sostiene (è la tesi centrale del libro) che "Il Fascismo è l'opposto dell'Arte, ma non c'è Arte che il Fascismo possa limitare. L'artista non puo'essere mai, in quanto tale, fascista"(op.cit., p.23, ma e'anche in esergo al libro).

Ora, a parte il dogmatismo (magari paradossalmente "libertario", come Sgarbi ama definirsi) dell'affermazione apodittica, credo proprio che la realtà di certe opere d'arte (anche quelle massicciamente presenti a Bolzano, città "fascistizzata" con l'italianizzazione forzata imposta dal regime) contraddica quanto affermato dal critico d'arte, trattandosi di opere che, volendo riprodurre e copiare la grandezza della Romanità classica, ne rendono in realtà, tardivamente e comunque "fuori tempo", una riproposizione non necessaria nè richiesta.

Altra cosa è il razionalismo, ma qui il discorso si farebbe lungo...

Eugen Galasso

Rinuncia al Presepe: è un atto di rispetto delle altre culture o di rinuncia alla propria?

La volontà di taluni direttori di istituti scolastici e accademici, ma anche di vari negozianti, di "togliere" il presepe dalle rispettive istituzioni o dai negozi non costituisce una forma di rispetto delle altre culture, religiose e non, ma semplicemente la rinuncia alla propria cultura, cioè una volontà semplicemente suicida, foriera di effetti quasi certamente negativi.

Lo si è visto in tutte le realtà francesi, italiane, di altre nazioni, che hanno voluto ricorrere a tali metodi. Per motivi, non si sa bene, legati alla volontà di intercettare altre sensibilità o solamente per entrare in altri mercati.

Eugen Galasso

A Bergamo il V Congresso Nazionale della Federazione Italiana Mathesis

Concluso il V Congresso Nazionale della Federazione Italiana Mathesis: “Matematica 2023. Storie e narrazioni per la formazione e la didattica” svoltosi in due fasi, dal giorno 1 al 3 dicembre a Bergamo e dal 13 al 15 dicembre 2023 a distanza. 

Federazione Italiana Mathesis (federazionemathesis.it)

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Più di trenta i relatori che hanno presentato le loro relazioni: da Giorgio Bolondi a Rosetta Zan, Gabriele Lolli, Gemma Gallino, Carlo Toffalori, Luigi Tomasi, Paolo Zellini, Paolo Maroscia, Pierpaolo Antonello, Antonio Criscuolo. Davvero impossibile citarli tutti e, per questo motivo, rimandiamo per il dettaglio al seguente link: Relatori e Comitati – Federazione Italiana Mathesis (federazionemathesis.it) Relatori e Comitati – Federazione Italiana Mathesis (federazionemathesis.it)

L’iniziativa ha destato un larghissimo interesse da parte degli interessati, probabilmente a causa del particolare taglio del congresso che ha affrontato dettagliatamente e con argomenti inaspettati ed inusuali le peculiarità didattiche e pedagogiche dell’utilizzo della storia, delle narrazioni, dello storytelling applicati ad una disciplina come la Matematica per la quale parrebbero poco significative: non è così, tutt’altro: storie e narrazioni sembrano generare grande curiosità e motivazione utili per affrontare la Matematica con rinnovato stupore e slancio. Ne abbiamo parlato con il prof. Carlo Toffalori, presidente di Federazione Italiana Mathesis.

Professor Toffalori, inutile dire che ancora oggi nominare la Matematica “mette in allarme”; davvero l’approccio proposto al congresso, nelle sue innumerevoli sfaccettature – compreso lo storytelling - può essere utile?

Oltre a preservare questa coscienza storica, è importante rinnovare costantemente le forme di comunicazione e di insegnamento della matematica, adeguandole ai tempi. Oggi l'informatica in particolare fornisce nuovi strumenti e suggerisce nuovi metodi per raggiungere e coinvolgere l'ascoltatore.
Su internet anche le curve geometriche più astruse si disegnano in modo affascinante: Geogebra e altri software aiutano a comprendere i segreti dell'analisi matematica e non solo.
A questo si aggiungono film, esperienze teatrali, fumetti, festival, musei intesi come interazione dinamica col visitatore. In verità questa attenzione a porgere in modo appropriato e incisivo la scienza e in particolare la matematica risale a tempi antichissimi, per esempio Platone ne parla diffusamente in vari suoi dialoghi. In tempi moderni, Italo Calvino, uno scrittore molto amato anche dai matematici, ha saputo trasmettere nelle sue opere tanti spunti scientifici e anche matematici in modo profondo e non banale. Per questo ci è sembrato importante dedicargli una sessione speciale del congresso, che racconta appunto questo suo impegno di "comunicatore".

Dunque, usare la storia e la narrazione nella Matematica nella pratica didattica può essere utile.

Credo che nella didattica di ogni scienza, e non solo della matematica, serva un inquadramento storico. Le grandi idee si sono sviluppate nella storia e nel progresso collettivo, magari tramite l’impulso di alcune menti geniali. Dare coscienza di questa loro genesi le valorizza e le vivifica, dunque ne favorisce e chiarisce l’insegnamento. Questo vale a maggior ragione per la matematica, che è la più astratta delle scienze.

La matematica spesso è vissuta dagli studenti come una disciplina utile solo a saper fare calcoli o che costringe ad imparare a memoria formule, definizioni e teoremi da dimostrare; un pregiudizio nei confronti della disciplina che diventa un potente ostacolo per l’insegnante: veicolarla attraverso un approccio storico/narrativo potrebbe aiutare a superarlo?

Come dicevo, sì. Gli stessi numeri non sono soltanto strumenti di calcolo, ma concetti che sono sorti insieme al genere umano e sin dall’antichità si sono associati alle lettere alfabetiche e al linguaggio.

Sarebbe possibile, grazie all’evoluzione storica della matematica, segnalare che si è sviluppata nel tempo, che ha un suo spazio fisico-geografico dove è cresciuta, che si è diffusa grazie alla contaminazione tra persone e saperi diversi, che anche il contesto culturale e sociale ne determina l’evoluzione? Che la Matematica è fatta sia da donne e uomini “come noi” sia da protagonisti particolarmente talentuosi come accade in ogni ambito della conoscenza?

Certamente sì. La matematica che ci è più familiare è quella degli antichi greci, che verosimilmente l’hanno concepita e sviluppata come scienza. Ma ci sono contributi di indiani, cinesi, arabi che derivano da approcci in qualche modo diversi da quello greco. Per esempio, i greci non amarono quella che oggi chiamiamo algebra, preferendo geometria e aritmetica. Ma gli assiri-babilonesi, e più tardi gli arabi, ebbero un gusto algebrico molto più sviluppato.
Allo stesso modo è importante rendersi conto che la matematica, così come ogni scienza, deriva dalla riflessione di donne e uomini: magari di persone di gran talento, pur tuttavia partecipi della nostra dimensione umana, dei problemi della loro epoca, eccetera.

Un ostacolo psicologico, specie in età adolescenziale, sta nel proporre una Matematica che impone e quasi “rivela” verità assolute ed immutabili! L’approccio storico può aiutare e sconfiggere questo ennesimo pregiudizio?

Non credo sia un male, dal punto di vista della scienza, fissare verità e capisaldi. Ma la matematica, come ogni scienza, è dinamica per natura. Scriveva Hilbert che una scienza incapace di porsi nuovi problemi e nuovi orizzonti, dunque cristallizzata, è ormai morta. Anche la matematica continua a rinnovarsi, a raffinare e approfondire le sue teorie. Una coscienza storica di questa sua evoluzione è fondamentale.

Gli insegnanti che hanno inserito nella loro didattica uno sguardo storico sulla Matematica, segnalano un evidente incremento sia della curiosità sia della motivazione; come mai avviene questo?

Penso si possa motivare facilmente sulla base di quanto ho cercato di dire in precedenza. Come pure è importante rinnovare gli strumenti di spiegazione e aprirsi a quelle forme di comunicazione didattica che i tempi nuovi ci mettono a disposizione.

È opinione di alcuni docenti che non vi sia il tempo materiale per inserire ulteriori visioni se non quella che prevede l’approccio tradizionale alla disciplina; ma non varrebbe la pena che il percorso didattico della Matematica si svolgesse interamente in uno sfondo prettamente storico senza nulla togliere a ciò che prevedono le Indicazioni Nazionali?

Io credo che l’insegnamento della matematica debba aprirsi non solo alle forme moderne di comunicazione, ma soprattutto alla prospettiva storica e, in questa ottica, ai contenuti della matematica del Novecento e dei primi decenni del 2000. Al momento questo avviene solo parzialmente, per esempio su calcolo delle probabilità e statistica. Ma, per esempio, la fisica è stata capace di aprire i programmi di insegnamento a queste novità. Magari si può obiettare che in questo modo l’apprendimento si ferma solo alla superficie e non va a fondo. Il rischio è di sapere niente di tutto. Però credo che il pericolo opposto, cioè chiudersi alla novità e limitarsi alla trasmissione del sapere tradizionale, sia ben più grave. Qui lo sforzo dovrebbe essere di chi dirige e coordina la scuola, e anche della comunità matematica nel suo complesso. Però questa coscienza andrebbe condivisa da tutti i docenti e gli amanti della matematica.

Che consiglio dare a quegli insegnanti che volessero cimentarsi con questa pratica didattica?

Di non aver paura di sperimentare, magari approfittando di quelle occasioni che oggi si presentano, come PLS, licei matematici eccetera. In questo modo possono collegarsi ad altri colleghi e docenti universitari sensibili alla problematica e rinnovare insieme le conoscenze. Consiglierei anche di amare la matematica e di non scoraggiarsi. Questo nell’attesa di una riforma che chissà quando verrà. Un altro punto fondamentale è la formazione dei docenti, il loro costante aggiornamento. In tutto questo, grazie a quelle iniziative parziali che ho ricordato, si può cercare di andare oltre al semplice “fai da te”, che, lasciato a se stesso, è benemerito ma rischia di inaridirsi.

Franco Boscolo

Plurilinguismo e patrimonio architettonico europeo: le risorse del progetto SEAH

Presentato lo scorso 29 settembre durante il seminario presso il Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne di Pescara il progetto SEAH - Sharing European Architectural Heritage

La politica culturale e linguistica dell’Unione europea favorisce da diversi anni ormai i programmi di scambio e progetti scientifici dedicati a studenti e ricercatori “all’interno di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore multilingue e multiculturale” (per esempio il Progetto Erasmus). 

Nel tempo si sono manifestate alcune criticità, in ambiti specifici, tra le quali emerge la scarsa padronanza dei linguaggi accademico-disciplinari: ciò può rappresentare un serio problema sia per la stessa mobilità studentesca, sia per l’acquisizione di conoscenze teoriche, tecniche e professionali, obiettivi specifici dei progetti.

Uno degli ambiti nel quale maggiormente si manifesta la problematica è quello dei percorsi formativi in Architettura e in Costruzioni.

Sempre più analfabeti?

Il 28%, quasi un terzo!, della popolazione italiana tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale.

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