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Tributo ai Led Zeppelin a Firenze

Stairway to Heaven; Tribute to "Led Zeppelin" con il gruppo rock "Norge" e l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Questa "via nelle stelle al cielo" con la band "Norge" (era il dirigibile costruito da Umberto Nobile per la riuscita esplorazione del Polo Nord, 1924) segna la felice contaminazione tra il rock (appunto dei "Norge", che da vent'anni propongono esclusivamente il repertorio dei "Led Zeppelin", come il grande gruppo di Plant e Page si ispirava ai dirigibili germanici d'inizio Novecento) e la musica sinfonica.

La musica "classica", del resto, è tale solo per chi voglia fare il "tassonomista", ossia classificare ad ogni costo, in questo caso la musica, quando invece sappiamo che la musica è una, soprattutto se è valida. Ad esempio, da tempo "tale" Paul Mc Cartney scrive e dirige opere, ma, anche, che un brano come "Rain Song", appunto degli "Zeppelin", è di per sé "gershwiniano" (George Gershwin genialmente riuscì a fondere il jazz e le sensibilità "afro" con la sinfonia, soprattutto - ma non solo - in "Porgy and Bess" con l'immortale "Summertime", nella composizione "sinfonica" "Rhapsody in Blue", ancora con l'opera "An American in Paris" e tutto ciò circa un secolo fa). Ecco che a Firenze col Tributo ai Led Zeppelin la contaminazione rock-musica classica conta sull'apporto dell'Orchestra del Maggio, diretta benissimo dal dinamico quanto bravissimo Maestro Stefano Maccagno, come del resto tutto il plenum orchestrale.

Ancora, brani come "Black Dog", il titolo guida "Stairway to Heaven", "Tangerine" (cfr. anche l'omonimo racconto di Ray Bradbury, ispirato al brano), "Kashmir" (con tonalità monodiche orientali) e altri hanno meritatamente entusiasmato il pubblico e lo entusiasmeranno ancora. Il cantante-fondatore dei Norge, Jacopo Meille, peraltro lodevolissimo, tende invero troppo, con il suo falsetto, a rincorrere (spesso senza riuscire nell'impresa) il vocalist e autore "zeppeliniano" Robert Plant, ma il chitarrista Francesco Bottai è convincente, come il bassista James Henry Downes, inglese ma residente a Firenze da più di 50 anni, il tastierista Luca Raddi, il percussionista Alex Raimondi, autore anche in quest'occasione di vari assoli.

Anche se non è dato sapere quali siano i livelli di comunicazione con la storica band britannica di Robert Plant e Jimmy Page, ormai raramente riunita, è indubbio che il concerto fiorentino oltre che un "tribute" ("omaggio", in italiano, forse più che "tributo") non sia indegno anzi della grandezza degli artisti citati; con la "contaminatio" citata e l'equilibrio tra armonia e melodia dell'orchestra sinfonica l'asprezza "umorale" del rock non risulta per nulla "assopita" o silenziata ma anzi, certo non paradossalmente, potenziata e trasferita ad un livello altro.

Mancava lo "show" (spettacolo) dei dirigibili degli storici concerti del "Dirigibile Guida", ma proprio per questo il concerto permetteva di non venire distratti dal mero "spettacolo"...

Probabilmente la "felix contaminatio" (che per es. nella "fusion" è non solo di prammatica, è proprio il "quid" della cosa) verrà praticata molte volte ancora (e avviene sempre, in ogni parte del mondo) è oggi necessaria per vivificare il concerto che, ove preveda la presenza di pubblico, è oggi un'espressione vera di "religiosità" non nel senso delle religioni storico-positive e dei loro riti; un tempo lo era il teatro, per es. nell'antichità greca o in epoca elisabettiana,sempre con la tragedia (Shakespeare e John Ford, soprattutto), oggi lo è la musica, ma correndo il rischio di un "coram populo" con troppe scariche adrenaliniche o invece dei troppo compassati (con eccezioni, però) concerti di musica classica; la contaminatio darebbe nuova linfa alla "classica", frenerebbe un po' i bollenti spiriti di chi ama solo il rock e il pop.

Eugen Galasso

Last modified onLunedì, 13 Giugno 2016 20:43
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